Buscaglia - Mimmo: passione US Naval Aviation

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Il maggiore Buscaglia era un abilissimo e coraggiosissimo pilota specializzato sul Savoia Marchetti 79 Sparviero. Era nato a Novara nel 1915 ed aveva molto probabilmente frequentato l’Accademia Aeronautica di Caserta che lasciò, come sottotenente pilota, nel 1937. A venticinque anni si ritrovò ad essere già uno dei più esperti piloti dello Sparviero e da tenente incominciò a partecipare ai combattimenti aeronavali nel Mediterraneo.
Nei primi due anni di guerra si guadagnò ben due promozioni sul campo e nel novembre del 1942 partecipò all’attacco del porto di Bugia in Algeria come comandante del 132° Gruppo. Il suo aereo fu abbattuto ed egli, sebbene gravemente ferito, fu l’unico a sopravvivere.
Dopo più di un anno di cure e di prigionia negli USA, Buscaglia aveva scelto la fedeltà al re (del resto era piemontese) ed era stato reintegrato nell’Aeronautica Cobelligerante. Egli era stato destinato al comando di un reparto equipaggiato con Martin Baltimore. Questo velivolo fu utilizzato principalmente dagli Inglesi, anche in Italia, ed anche per l’addestramento ai plurimotori; un gruppo di questi ultimi era stanziato a S. Giuseppe Vesuviano, alle pendici orientali del Vesuvio, su una “strip” ricavata sui campi agricoli, di cui oggi nessuno ha più memoria.
Laggiù il maggiore era stato distaccato per un periodo di addestramento che era proprio necessario, perché Buscaglia non aveva più volato dall’abbattimento di un anno e mezzo prima e pare che risentisse ancora, sia fisicamente che psicologicamente, dell’incidente; inoltre, i bombardieri americani non erano di progetto tanto raffinato quanto i Savoia Marchetti a cui egli era abituato.
Il giovane, invece, ebbe una fiammata d’orgoglio che lo uccise. Non voleva essere addestrato da un ex nemico, probabilmente non stimatissimo, ed il 23 agosto del 1944 saltò su un Baltimore e decollò senza autorizzazione, senza paura e purtroppo senza consapevolezza; non riuscì a portare a termine neanche il decollo e, appena staccate le ruote da terra, il velivolo perse portanza a sinistra, impattando il suolo ed incendiandosi. Il ventinovenne pilota morì in ospedale a Napoli dopo quasi un’intera giornata di agonia.
Ci si potrebbe interrogare se fu veramente il solo orgoglio tecnico a spingerlo, o se non anche orgoglio di Italiano, che in quel periodo, chissà quanto spesso, veniva gentilmente umiliato, col sorriso sulle labbra, sappiamo che gli Inglesi non erano dolci di sale con gli Italiani. Chissà, forse quelle umiliazioni gli facevano rimpiangere tanti suoi commilitoni morti con coraggio, o tanti altri con i quali aveva condiviso una gioventù di entusiasmo e di speranze, essi erano tutti cresciuti nell’aviazione di Italo Balbo e molti ci erano rimasti. Chissà se abbia pensato di non voler combattere contro di loro o addirittura che non abbia temerariamente pensato di raggiungerli, dall’altra parte del fronte; forse considerava il fatto che nessuno di loro meritava veramente di perderla, quella guerra. La maggioranza schiacciante dei militari italiani non ha meritato di perdere, e coloro che lo meritavano non hanno pagato, ma questa è un’altra storia, di tanto tempo fa.
Io sono un libero cittadino e posso permettermi di essere meno “politically correct” di tanti altri, e allora vorrei manifestare una mia ulteriore opinione. La storia dell’aviazione dimostra che gli Americani non avevano scrupoli a passare ai loro alleati, Inglesi & c., i velivoli che consideravano meno prestanti (se non meno affidabili); chissà se gli Inglesi non abbiano adottato lo stesso criterio con gli Italiani riconciliati e non abbiano destinato loro i velivoli difettosi; difettosi tra i peggiori, povero Buscaglia! Noi comunque lo ammiriamo e lo ricordiamo con affetto!
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