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Controventature - Mimmo: passione US Naval Aviation

LE CONTROVENTATURE DEGLI AEREI ANTICHI
Introduzione
I cavi di controventatura e di comando sono uno degli elementi che conferiscono molta bellezza ed interesse ai modellini di aeri antichi. Tuttavia, sono un elemento di non facile gestione.
In primo luogo, non è facile conoscerne lo spessore; le foto d’epoca, non sempre chiarissime, ne mostrano in gran quantità ma non ho mai trovato informazioni affidabili sulla loro consistenza; bisogna allora procedere ragionando. Essi erano sicuramente dei trefoli d’acciaio dotati di tenditori ad almeno un’estremità.
L’acciaio è l’unico materiale razionalmente considerabile per i tiranti che sono caricati esclusivamente con trazione; in questo regime di caricamento sono le caratteristiche intrinseche del materiale a dettare legge, e l’acciaio, pur essendo il più pesante, permette di avere le sezioni più sottili. Se è vero, infatti, che l’alluminio è tre volte più leggero, esso è anche tre volte più debole, per cui richiede sezioni tre volte più grandi per resistere agli stessi sforzi; alla fine si ottiene un cavo che ha lo stesso peso, sezioni più grosse ed è meno flessibile. Comunque, un secolo fa l’alluminio non era ancora considerato pienamente affidabile come materiale strutturale.
I cavi in trazione sono quasi esclusivamente in forma di trefolo, costituiti da decine di fili sottilissimi, che hanno tre segreti che li rendono insostituibili:
  • è difficilissimo che i fili sottili presentino difetti di manifattura; il processo di trafilatura, infatti, garantisce che i fili, se riescono a superare senza spezzarsi tutta la sequenza di produzione, sono integri; le sezioni più grandi, invece, possono contenere dei difetti al loro interno e sono più esposte ai rischi di frattura in servizio;
  • la loro intrinseca caratteristica “fail-safe” (sicuri in presenza di danni); nel malaugurato caso che un filo si spezzi in servizio, ce ne sono comunque altre decine che continuano a resistere e, se la rottura dovesse coinvolgere altri fili, l’operatore avrebbe tutto il tempo di accorgersi di quello che sta succedendo, sicuramente prima della rottura totale del cavo (in ogni caso i tiranti critici, cioè quelli che operano  con portanza positiva in particolare nelle richiamate, erano spesso binati, aumentando la “failure safety”);
  • la conformazione a trefolo fa sì che il cavo sia molto elastico ed assorba bene carichi di picco; sotto l’azione degli strattoni, infatti, i trefoli si compattano riempiendo gli interstizi normalmente vuoti e la sezione del cavo si stringe (ma non quella del singolo filo) determinando una più graduale ascesa del carico all’interno del cavo stesso.
Che io sappia, fondamentalmente, per questo tipo di applicazioni, si usano due tipi di trefoli:
  • '7x7’, costituiti, cioè, da sette sotto-trefoli di 7 fili ciascuno, per 49 fili in totale; essi hanno spessori totali compresi tra 1/16” (= circa 1.6 mm, capaci di circa 1.5 quintali) e 3/16” (circa 4.8 mm, capaci di circa 1 tonnellata);
  • ‘7x19’, 7 sotto-trefoli da 19 fili, cioè 133 fili, con spessori totali compresi tra 1/8” (≈3.2 mm, 5 quintali) e 3/8” (≈9.5 mm, 5 tonnellate).
Direi che i primi venivano usati per i cavi di comando, sia perché le capacità necessarie erano più basse, sia perché servivano cavi capaci di “girare” agilmente attorno alle carrucole; per i tiranti strutturali molto probabilmente venivano usati i secondi, per la loro maggiore resistenza e per il maggior numero di fili a disposizione, nel concetto di failure safety.
Da un punto di vista modellistico, entrambi sono di interesse; i più spessi si vedono infatti a decine tra le ali, tra ala e fusoliera e anche per rinforzare piani di coda, alette varie e galleggianti. I più sottili, invece, sono spesso visibili nel loro ultimissimo tratto, quando escono dalle velature per attaccarsi alle estremità dei braccetti delle superfici mobili (in qualche caso sono comunque sostituiti da aste rigide che lavorano sia in trazione che compressione, e sono quindi più spesse). In alcuni aerei antichi, tuttavia, una parte del percorso dei cavi di comando poteva essere allo scoperto, in genere a poppa, davanti ai piani i coda, o tra le semiali dei biplani.
Alcune controventature degli anni ’30 presentano un profilo a goccia, per diminuirne la resistenza aerodinamica; penso si tratti di trefoli carenati, mi risulta difficile accettare che si tratti di aste solide. Per quanto l’acciaio sia un ottimo materiale, aste di sezione di parecchi mm2 (42, per un tirante simile ad un cavo ‘7x19’ da 3/8”) non sono scevre da difetti interni, come cricche, inclusioni estranee o bolle d’aria, che solo da una cinquantina/sessantina d’anni riusciamo a diagnosticare; oggi queste soluzioni sono praticate perché sono disponibili i controlli non distruttivi, ma mi sembra difficile che esse fossero usate anche allora.

La riproduzione in scala
Le fotografie dell’epoca costituiscono un riferimento imprescindibile anche se hanno giocoforza una limitata affidabilità di interpretazione; già gli originali presentavano problemi di contrasto, scarsa illuminazione, povertà di messa a fuoco e addirittura movimento; inoltre, solo le riproduzioni sono accessibili e la qualità certamente non aumenta; insomma non è possibile essere sicuri di quello che si vede. Un’idea degli spessori si può ricavare per confronto con elementi vicini di dimensione nota o individuabile. Si direbbe, allora, osservando le foto, che i cavi utilizzati venissero scelti tra i maggiori che ho citato prima nelle due categorie di trefoli.
Un cavo di 4.8 mm di diametro sarebbe da riprodursi in scala 1/72 con un filo di 0.07 mm di spessore, mentre uno da 9.5 mm si simulerebbe con un filo di 0.13 mm. Sono numeri piccolissimi che sono, onestamente, difficilmente praticabili.
In questa scala, secondo me, non si possono usare i fili elastici che sono in commercio, non solo per la questione dello spessore, ma anche perché negli angusti spazi in cui installare questi componenti (intorno ai 10 o 15 mm) non si riesce a gestire un filo che è flessibilissimo; esso va incollato prima da un lato, con un occhio alla direzione che assumerà una volta in opera; dopo che la colla ha sicuramente fatto presa, bisogna tendere il filo con una pinzetta, attaccarlo all’altro estremo e aspettare, perfettamente immobili, che la colla faccia presa anche alla seconda estremità; tutto questo in presenza di un altro filo incrociato già presente ed un altro filo parallelo, quando i cavi sono binati; e tutto questo per parecchie decine di volte, quante sono i cavi di controventatura su quel velivolo. I fili flessibili, per esempio in nylon, andrebbero benissimo per i loro spessori, ma occorrerebbe predisporre, per la loro installazione, delle guide in cui i fili possano scorrere per essere mantenuti in tensione nell’attesa che la colla faccia presa. Forse si può fare nelle scale più grandi, ma chi ci riesce con i modellini 1/72 dovrebbe essere, a mio avviso, venerato per sempre.
Per queste motivazioni io uso fili di rame (estratti da trefoli elettrici) rettificati. Il loro vantaggio è che conservano la forma dritta, come tesa, e possono essere installati come un qualsiasi altro componente, sempre con gran pazienza, comunque; il loro difetto è che bisogna tagliarli accuratamente a misura. Non vanno scelti quelli color rame, naturalmente, altrimenti bisogna colorarli; io ci ho provato agli inizi, ma poi ho optato per adottare fili placcati, non so se con stagno o con zinco, ma che comunque hanno un aspetto grigio metallico. Per questi ultimi la disponibilità sul mercato non è infinita, specie per gli spessori richiesti. Io ne ho trovato solo due tipi: uno da 0.25 mm ed uno da 0.05 mm. Quest’ultimo ha lo spessore ottimale (o forse un po’ piccolo) per l’utilizzo per i cavi di comando, ma è difficilissimo da rettificare; solo ultimamente sono riuscito ad utilizzarlo per il Curtiss N-9. Il primo, invece, è più facile da rettificare e maneggiare ed infatti l’ho utilizzato in molti modelli, ma, in realtà, mi sembra troppo spesso; con 0.25 mm in 1/72 si simula un cavo da 3/4” (≈ 19 mm), che onestamente supera i valori che derivano dalle mie  congetture esposte in precedenza.
Il colpo d’occhio sui modellini completi rivela che i fili sottili simulano bene i cavi di comando e che quelli più spessi danno risultati diversi a seconda del velivolo rappresentato; essi sembrano un po’ troppo spessi sui modelli molto piccoli, mentre sembrano ben proporzionati sui modelli più grandi.
Attualmente (2024) quello che è fatto è fatto, per il futuro vedrò se mi riuscirà di assottigliare i fili più doppi. Più sottili i fili sono, ripeto, più sono difficili da rettificare.

Le antenne.
Tutt’altro discorso per i fili delle antenne, ai quali era richiesta bassa resistenza strutturale ed anche elettrica. Essi erano trefoli di rame '1x7', sicuramente, e non credo superassero i  3/32” (≈2.4 mm, 0.03 mm in 1/72).
In generale tali fili sono piuttosto lunghi, estesi tra la deriva e le estremità alari, troppo lunghi per poter essere rettificati prima della messa in opera; essi vanno installati fissando prima un estremo e poi l’altro tenendo il filo in tensione. In questo caso io uso un filo di nylon per la pesca di 0.08 mm di spessore, che simula un filo vero di quasi 6 mm, sicuramente troppo spesso; il fatto che sia trasparente, però, rende il filo evidente solo in particolari condizioni di luce, mentre negli altri casi rimane appena visibile.

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