McDonnell Douglas / BAe
AV-8B Harrier II ¤
AV-8B Harrier II ¤

COSTRUTTORE / MANUFACTURER
McDonnell Aircraft Company, Division of McDonnell Douglas Corp., St Louis, MO, USA
British Aerospace Military Aircraft Company, Kingston Upon Thames, Surrey, GB
ENTRATA IN SERVIZIO / SERVICE START
1984



UN PO' DI STORIA
Se l’Harrier ha l’importantissimo record di essere il primo (e per cinquant’anni unico) velivolo VTOL realmente operativo, l’AV-8 ha un’altra caratteristica importante: uno dei pochissimi velivoli non generati in America acquisito in numero notevole dalle forze armate USA per il diretto impiego bellico, secondo in importanza solo al B-57 Canberra.
Gli Americani avevano comunque partecipato alle ultime fasi dello sviluppo del Kestrel, il padre dello Harrier, e ne avevano importato un paio di esemplari come XV-6A, che non ebbero seguito.
L’importazione avvenne per il pressante bisogno che i Marines avevano di un velivolo per l’appoggio tattico (ma gli interessava anche l’interdizione e la ricognizione tattica), ed il velivolo inglese era imprescindibile per la sua capacità di operare dai ponti delle navi di supporto agli sbarchi e da campi terrestri semipreparati a ridosso del fronte.
A voler essere dei puristi, la designazione AV-8 fu errata perché il numero 8 era nella categoria degli Attack (dopo l’A-7 Corsair) e quindi si sarebbe dovuto trattare di un A-8 con la specialità di essere VSTOL, quindi VA-8; se fosse stato considerato un velivolo della categoria V (come l’OV-1 Mohawk o l’OV-10 Bronco) avrebbe dovuto avere il numero 12 (dopo gli 11 concorrenti al concorso vinto dalla North American) e avrebbe quindi dovuto essere AV-12; quisquilie.
La prima versione, AV-8A, del tutto simile al britannico Harrier Mk 50, incominciò ad arrivare ai reparti nel 1971 direttamente dall’Inghilterra a Beaufort, nel South Carolina; il motore originale RR Pegasus da 20000 libbre di spinta fu presto sostituito con una versione potenziata a 21500 libbre. Centodue aerei monoposto equipaggiarono tre squadroni dei Marines ed otto biposto TA-8A (Harrier Mk 54) equipaggiarono un quarto reparto.
Le necessità di maggiori capacità di autodifesa si fecero sentire piuttosto presto e tra il 1979 ed il 1984 circa metà dei velivoli furono convertiti in AV-8C, che imbarcava radar di allerta passiva sia alle estremità dell’ala che in coda.
Nel frattempo era già partito un programma di sviluppo che vedeva congiunte la McDonnell Douglas con la Hawker Siddeley e che stava portando ad un progetto radicalmente nuovo la cui designazione avrebbe dovuto essere AV-16; considerazioni di tempi e costi di sviluppo (dopo la fine della Guerra del Vietnam le forze armate statunitensi avevano sul collo il fiato del parlamento per quel che riguardava i nuovi investimenti) portarono ad un ridimensionamento degli obbiettivi e nacque l’AV-8B come lo conosciamo oggi.
Si passò, appena fu disponibile, ad una versione del Pegasus da 24000 libbre di spinta e si introdussero parecchie componenti strutturali in carboresina, nella prua, nella coda, nelle sezioni esterne delle semiali; tutto ciò, unito ad un’ala più estesa, permise di incrementare significativamente il carico bellico con altri due punti di attacco per gli armamenti esterni ed avionica ed apparati di autodifesa più aggiornati. Il posto di pilotaggio fu installato più in alto per migliorare la visibilità del pilota e l’ala fu praticamente rifatta risultando più robusta e più leggera. Furono anche aggiunte, al ventre della fusoliera, delle alette che avevano lo scopo di migliorare i flussi d’aria nelle condizioni di volo stazionario a bassa quota, cioè “in effetto suolo” (tali alette furono installate anche nella varsione -C).
L’ordine finale fu nettamente più consistente rispetto alla versione A con 280 monoposto e quasi trenta biposto TA-8B.
La fornitura partì nel 1984 e gli anziani -A e -C furono sostituiti insieme a molti A-4M. Ad un certo punto si pianificò una versione notturna, dotata di FLIR ed altre apparecchiature apposite, che si pensò di designare -D; il timore di tagli nei fondi da parte del governo, però, fece optare per un più semplice aggiornamento che fu designato AV-8B+ e che fu applicato agli ultimi lotti di commessa.
La produzione continuò fino ai primi anni 2000 ed il resto è cronaca. Il velivolo vola ancora (ad oggi, nel 2021), anche nei colori della nostra Marina, e lo vedremo ancora per qualche anno, prima che l’F-35B lo sostituisca completamente.
UNA FURBATA
E’ stata una realizzazione intelligentissima che alla fine sarà rimasta in auge per quasi 60 anni, a testimonianza della bontà del progetto.
Alla Hawker (gli originali progettisti di questo portento, ma c’era anche molta intelligenza tedesca, alla radice), non potendosi permettere negli anni ’60 di esagerare con i pesi morti, trovarono una soluzione veramente ingegnosa, deviando verso il basso in posizioni diverse i due flussi del motore turbofan.
L’idea fondamentale è stata quella di separare il flusso freddo del motore turbofan da quello caldo. Dividendo ognuno dei due flussi a metà tra i lati della fusoliera, e deviandoli verso il basso, si sono creati, per il volo stazionario, quattro “punti d’appoggio” attorno al baricentro del velivolo, una vera e propria “furbata”.
Indubbiamente questa soluzione, a causa del percorso contorto che deve seguire l’aria eiettata dai motori, che sicuramente surriscalda condotti ed ugelli del percorso “caldo” non sarà stata praticabile per velivoli di potenze superiori e per missioni di durata maggiore.
A rifletterci, il sostituto della Lockheed, per progettare e sviluppare il quale tecnici di mezzo mondo hanno impiegato una quindicina d’anni, è sì più avanzato, grazie ai progressi nei materiali, nelle tecnologie, nell’avionica, ma in un certo senso è più banale; esso non ha potuto rinunciare alla turbina ausiliaria posta alle spalle del pilota per bilanciare il beccheggio nella situazione di volo stazionario; un apparato inutile per il resto della missione che ha costretto a rinunciare ad una buona frazione del combustibile interno; inoltre i condotti per il bilanciamento del rollio sono più grandi e pesanti di quelli dell’Harrier, che servivano solo al controllo.
A guardarlo nel dettaglio salta agli occhi un’altra caratteristica della scuola inglese di quest’aereo: la grande raffinatezza del progetto aerodinamico; l’ala, soprattutto, è un capolavoro (d’altro canto, a partire dallo Spitfire, le ali sono il mestiere degli Inglesi, v. Concorde, Airbus, Jaguar ecc.), con i suoi profili complessi, la svergolatura, la forma in pianta ben studiata; in confronto, diversi progetti americani, pur bellissimi, sembrano fatti a colpi d’accetta; si tratta di due scuole diverse.
E’ per tutto questo che l’Harrier rimarrà nella storia.