AV-8B - Mimmo: passione US Naval Aviation

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McDonnell Douglas / BAe AV-8B Harrier II
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COSTRUTTORE / MANUFACTURER
McDonnell Aircraft Company, Division of McDonnell Douglas Corp., St Louis, MO, USA
British Aerospace Military Aircraft Company, Kingston Upon Thames, Surrey, GB
ENTRATA IN SERVIZIO / SERVICE START
1984
ESEMPLARE / SAMPLE
Bu. No. 162943, reparto VMA 231, identità CG05, Guerra del Golfo, 1991
RIFERIMENTO / REFERENCE
Foglio Super Scale International 72-625
AEREI n. 1995/03, Delta Editrice, Parma, Italy
CARICHI ESTERNI / EXTERNAL STORES
Pod per cannone GAU-12/U (2x, per cannone sinistra, per munizioni a destra), ventre fusoliera
bombe Mk 82 (500 lb) (4x), piloni alari
rotaie per missili Sidewinder, piloni alari esterni
RAPPRESENTAZIONE / DEPICTION
a terra, armato con tettuccio e gradini di accesso aperti, in attesa del pilota
LAVORO / WORK
COMPLETAMENTO / COMPLETION
#53   -   2016
SCATOLA (ACQUISTO) / KIT (PURCHASE)
“AV-8B SUPER HARRIER”, Italeri injected 1/72, item #137       (1988)
PARTI AGGIUNTIVE / AFTERMARKET PARTS
-
DECAL AGGIUNT. / AFTERMARKET DECALS
Foglio Super Scale International 72-625 “AV-8B Harrier II’s”
LAVORO DI CORREZIONE                   
scultura
  • prese d’aria motore: lato interno visibile  (EPL)
  • prese d’aria motore: piccole prese superiori (PL)
  • zavorra nel muso (Pb)
  • sonda RIV, base di appoggio (EPL)
  • sonda RIV, testa (P & PL)
sagomatura di laminati
  • poppino, sfoghi circolari: retine di chiusura (tulle)
  • cruscotto pilota (originale mancante nella scatola) (P)
fili (piegati o meno)
  • sonda RIV, tubo piegato (Cu)
rilavorazione di parti originali
  • motore, ventola: tracciatura link fra le palette
  • prese d’aria motore: correzione forma
  • poppino: apertura sfoghi circolari
  • deriva: foratura per presa d’aria alla base
LAVORO DI CONVERSIONE                   
CAMBIAMENTO DI ESEMPLARE
decal importate
  • Foglio SuperScale International 72-625 “AV-8B Harrier II’s”
LAVORO DI ARRICCHIMENTO                
scultura
  • sediolino pilota: dettagli (P)
  • luci di fusoliera (P)
  • sensori di pressione laterali (P)
  • supporto HUD (P)
formatura a freddo di laminati metallici
  • cinture e fibbie (Al)
  • prese d’aria motore, lato interno: paretina di supporto e di chiusura delle prese ausiliarie (Pb)
  • freno aerodinamico (Pb)
  • portelli carrelli in posizione chiusa: maschere per incisione fusoliera (Pb)
  • specchietti retrovisori (Al)
sagomatura di laminati
  • fusoliera, vano aerofreno: paretine interne (P)
  • antenne di fusoliera (P)
  • gradini pilota (P)
  • HUD (AC)
aste (dritte)
  • aerofreno: irrobustimenti interni (P)
  • piloni armamento: braccetti (sway braces) (P)
fili (piegati o meno)
  • sediolino pilota: dettagli (Cu)
  • tubi di Pitot (Cu)
  • sensore di  imbardata (Cu)
  • gradino pilota (Cu)
  • aerofreno: martinetto (Cu)
rilavorazione di parti originali
  • semifusoliere: apertura vano freno aerodinamico
  • prese d’aria motore: apertura prese ausiliarie
  • semifusoliera dx: apertura vani gradini pilota
COLORAZIONE                              
tutte le superfici esterne
  • blue FS 35237
  • grey FS 36375
Humbrol 145
Humbrol 127
ES
carrelli e vani
  • white FS 17925
Humbrol 22

prese d'aria motore
  • white FS 17925
Humbrol 22

AB
motore

bianco Humbrol 22
alluminio Revell 361-99

abitacolo
  • grey FS 36231
  • black FS 27038
Humbrol 64
nero lucido Agama


imbottiture
  • orange FS 28913
Ferrario 20
TECNICA COLORAZIONE STRUTTURA TETTUCCIO
CANOPY STRUCTURE PAINTING TECHNIQUE
smalto a spruzzo sul pezzo trasparente mascherato /
enamel sprayed on masked transparent part
LA SCATOLA / THE KIT
materiale
  • buono, ben lavorabile
finitura
  • buona, pannellature in rilievo, in qualche caso un po’ troppo evidenti
dimensioni
  • le estremità alari erano di forma inesatta, è stato necessario correggerle
giunzioni (1)
  • tutte un po’ troppo larghe
dettagli
  • sufficienti
decals
  • non usate
DIFETTI
  • le due semifusoliere non si presentavano simmetriche al giunto longitudinale, è stato necessario asportare del materiale ed aggiungere riempitivi
  • l’assemblaggio delle semiali alla fusoliera era un po’ impreciso per il l’angolo diedro, è stato necessario costruire un piccolo scalo di montaggio
  • la sonda RIV e la sua base d’appoggio erano completamente assenti

Non perfetta, Italeri ha fatto di meglio
LA REALIZZAZIONE   (2)
L’AV-8B è un’eccezione rispetto al mio “piano dell’opera” originale, cioè quello di realizzare velivoli marcati solo “NAVY”; se l’avessi rispettato mi sarei perso aerei come l’Harrier, il Tigercat ed altri ancora che pure mi piacciono tanto.
Si tratta di un aereo che mi ha sempre affascinato ed ancora oggi credo che sia un progetto molto intelligente.
IDue sono i punti che mi piacciono di questa realizzazione: l’installazione del carrello principale, che ho eseguito per ultima, dando al carrello la possibilità di scorrere verticalmente prima di fissarlo, in modo da assicurare la complanarità di tutte e quattro (cinque) le ruote;
la verniciatura a macchie mimetiche, che mi ha visto utilizzare per la prima volta i salsicciotti di Patafix® per ottenere le sfumature, con un buon effetto, direi.
Alla finitura superficiale devo comunque imparare a dedicare un po’ più di tempo.
i colori dell’area abitacolo non sono quelli prescritti, quando lo vidi dal vivo però, ebbi l’impressione che fossero quelli che poi ho usato io.
Insomma, si può guardare.

UN PO' DI STORIA
Se l’Harrier ha l’importantissimo record di essere il primo (e per cinquant’anni unico) velivolo VTOL realmente operativo, l’AV-8 ha un’altra caratteristica importante: uno dei pochissimi velivoli non generati in America acquisito in numero notevole dalle forze armate USA per il diretto impiego bellico, secondo in importanza solo al B-57 Canberra.
Gli Americani avevano comunque partecipato alle ultime fasi dello sviluppo del Kestrel, il padre dello Harrier, e ne avevano importato un paio di esemplari come XV-6A, che non ebbero seguito.
L’importazione avvenne per il pressante bisogno che i Marines avevano di un velivolo per l’appoggio tattico (ma gli interessava anche l’interdizione e la ricognizione tattica), ed il velivolo inglese era imprescindibile per la sua capacità di operare dai ponti delle navi di supporto agli sbarchi e da campi terrestri semipreparati a ridosso del fronte.
A voler essere dei puristi, la designazione AV-8 fu errata perché il numero 8 era nella categoria degli Attack (dopo l’A-7 Corsair) e quindi si sarebbe dovuto trattare di un A-8 con la specialità di essere VSTOL, quindi VA-8; se fosse stato considerato un velivolo della categoria V (come l’OV-1 Mohawk o l’OV-10 Bronco) avrebbe dovuto avere il numero 12 (dopo gli 11 concorrenti al concorso vinto dalla North American) e avrebbe quindi dovuto essere AV-12; quisquilie.
La prima versione, AV-8A, del tutto simile al britannico Harrier Mk 50, incominciò ad arrivare ai reparti nel 1971 direttamente dall’Inghilterra a Beaufort, nel South Carolina; il motore originale RR Pegasus da 20000 libbre di spinta fu presto sostituito con una versione potenziata a 21500 libbre. Centodue aerei monoposto equipaggiarono tre squadroni dei Marines ed otto biposto TA-8A (Harrier Mk 54) equipaggiarono un quarto reparto.
Le necessità di maggiori capacità di autodifesa si fecero sentire piuttosto presto e tra il 1979 ed il 1984 circa metà dei velivoli furono convertiti in AV-8C, che imbarcava radar di allerta passiva sia alle estremità dell’ala che in coda.
Nel frattempo era già partito un programma di sviluppo che vedeva congiunte la McDonnell Douglas con la Hawker Siddeley e che stava portando ad un progetto radicalmente nuovo la cui designazione avrebbe dovuto essere AV-16; considerazioni di tempi e costi di sviluppo (dopo la fine della Guerra del Vietnam le forze armate statunitensi avevano sul collo il fiato del parlamento per quel che riguardava i nuovi investimenti) portarono ad un ridimensionamento degli obbiettivi e nacque l’AV-8B come lo conosciamo oggi.
Si passò, appena fu disponibile, ad una versione del Pegasus da 24000 libbre di spinta e si introdussero parecchie componenti strutturali in carboresina, nella prua, nella coda, nelle sezioni esterne delle semiali; tutto ciò, unito ad un’ala più estesa, permise di incrementare significativamente il carico bellico con altri due punti di attacco per gli armamenti esterni ed avionica ed apparati di autodifesa più aggiornati. Il posto di pilotaggio fu installato più in alto per migliorare la visibilità del pilota e l’ala fu praticamente rifatta risultando più robusta e più leggera. Furono anche aggiunte, al ventre della fusoliera, delle alette che avevano lo scopo di migliorare i flussi d’aria nelle condizioni di volo stazionario a bassa quota, cioè “in effetto suolo” (tali alette furono installate anche nella varsione -C).
L’ordine finale fu nettamente più consistente rispetto alla versione A con 280 monoposto e quasi trenta biposto TA-8B.
La fornitura partì nel 1984 e gli anziani -A e -C furono sostituiti insieme a molti A-4M. Ad un certo punto si pianificò una versione notturna, dotata di FLIR ed altre apparecchiature apposite, che si pensò di designare -D; il timore di tagli nei fondi da parte del governo, però, fece optare per un più semplice aggiornamento che fu designato AV-8B+ e che fu applicato agli ultimi lotti di commessa.
La produzione continuò fino ai primi anni 2000 ed il resto è cronaca. Il velivolo vola ancora (ad oggi, nel 2021), anche nei colori della nostra Marina, e lo vedremo ancora per qualche anno, prima che l’F-35B lo sostituisca completamente.
UNA FURBATA
E’ stata una realizzazione intelligentissima che alla fine sarà rimasta in auge per quasi 60 anni, a testimonianza della bontà del progetto.
Alla Hawker (gli originali progettisti di questo portento, ma c’era anche molta intelligenza tedesca, alla radice), non potendosi permettere negli anni ’60 di esagerare con i pesi morti, trovarono una soluzione veramente ingegnosa, deviando verso il basso in posizioni diverse i due flussi del motore turbofan.
L’idea fondamentale è stata quella di separare il flusso freddo del motore turbofan da quello caldo. Dividendo ognuno dei due flussi a metà tra i lati della fusoliera, e deviandoli verso il basso, si sono creati, per il volo stazionario, quattro “punti d’appoggio” attorno al baricentro del velivolo, una vera e propria “furbata”.
Indubbiamente questa soluzione, a causa del percorso contorto che deve seguire l’aria eiettata dai motori, che sicuramente surriscalda condotti ed ugelli del percorso “caldo” non sarà stata praticabile per velivoli di potenze superiori e per missioni di durata maggiore.
A rifletterci, il sostituto della Lockheed, per progettare e sviluppare il quale tecnici di mezzo mondo hanno impiegato una quindicina d’anni, è sì più avanzato, grazie ai progressi nei materiali, nelle tecnologie, nell’avionica, ma in un certo senso è più banale; esso non ha potuto rinunciare alla turbina ausiliaria posta alle spalle del pilota per bilanciare il beccheggio nella situazione di volo stazionario; un apparato inutile per il resto della missione che ha costretto a rinunciare ad una buona frazione del combustibile interno; inoltre i condotti per il bilanciamento del rollio sono più grandi e pesanti di quelli dell’Harrier, che servivano solo al controllo.
A guardarlo nel dettaglio salta agli occhi un’altra caratteristica della scuola inglese di quest’aereo: la grande raffinatezza del progetto aerodinamico; l’ala, soprattutto, è un capolavoro (d’altro canto, a partire dallo Spitfire, le ali sono il mestiere degli Inglesi, v. Concorde, Airbus, Jaguar ecc.), con i suoi profili complessi, la svergolatura, la forma in pianta ben studiata; in confronto, diversi progetti americani, pur bellissimi, sembrano fatti a colpi d’accetta; si tratta di due scuole diverse.
E’ per tutto questo che l’Harrier rimarrà nella storia.
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