Grumman A-6A Intruder
COSTRUTTORE / MANUFACTURER
Grumman Aerospace Corporation, Bethpage LI, NY
ENTRATA IN SERVIZIO / SERVICE START
1964
ESEMPLARE / SAMPLE
Bu No: 154150, reparto: VA 196, modex: NK 405, USS Constellation, 1968
RIFERIMENTO / REFERENCE
"The Official Monogram US Navy And Marine Corps Color Guide, Vol. 4", by J.M. Elliot, Monogram Aviation Publications, USA, 1993
CARICHI ESTERNI / EXTERNAL STORES
serbatoio esterno ventrale
bombe Mk 82 (20x) ai piloni alari
RAPPRESENTAZIONE / DEPICTION
a terra, abitacolo aperto e scalette estratte, in attesa dell’equipaggio
LAVORO / WORK
COMPLETAMENTO / COMPLETION
# 70 (2021)
SCATOLA (ACQUISTO) / KIT (PURCHASE)
“A-6A Intruder”, injection moulded, Hasegawa JS-023 (1980)
PARTI AGGIUNTIVE / AFTERMARKET PARTS
“A-6A Intruder”, photoetched brass parts, Eduard SS 144
DECAL AGGIUNT. / AFTERMARKET DECALS
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LAVORO DI CORREZIONE ▨ | |||
scultura |
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sagomatura di laminati |
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aste (dritte) |
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fili (piegati o meno) |
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tubi (pure telescopici) |
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rilavorazione di parti originali |
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decal importate |
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CAMBIAMENTO DI ESEMPLARE | |||
aste (dritte) |
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rilavorazione di parti originali |
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decal auto-prodotte |
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LAVORO DI ARRICCHIMENTO ▨ | |||
scultura |
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formatura a freddo di laminati metallici |
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sagomatura di laminati |
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aste (dritte) |
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fili (piegati o meno) |
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tubi (pure telescopici) |
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parti in carta |
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rilavorazione di parti originali |
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taglio e riassemblaggio di parti originali |
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decal auto-prodotte |
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parti importate |
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superfici superiori e laterali |
| White Ensign ACUS 01 | ◍ | ES | ||||||||
bordi d'attacco | giallo Humbrol 81 | ◍ | ES | |||||||||
superfici chiuse in volo |
| Humbrol 20 | ◍ | ES | ||||||||
superfici inferiori |
| Humbrol 22 | ◍ | ES | ||||||||
carrelli e vani |
| Humbrol 22 | ◍ | ES | ||||||||
prese d'aria motore |
| Humbrol 22 | ◍ | ES | ||||||||
abitacolo |
| Humbrol 5085 Humbrol 126 | ◍ | AB | ||||||||
imbottiture | verde Vallejo 881 | ◍ | AB |
TECNICA COLORAZIONE STRUTTURA TETTUCCIO CANOPY STRUCTURE PAINTING TECHNIQUE | ||
smalti a spruzzo sul pezzo trasparente mascherato / enamel sprayed on masked transparent part |
LA SCATOLA / THE KIT | |||||||||||
materiale |
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finitura |
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dimensioni |
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giunzioni (1) |
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dettagli | sufficienti | ||||||||||
decals | non usate | ||||||||||
DIFETTI |
Tra l'altro, cosa curiosa che mi capita per la prima volta in 40 anni, l'esemplare rappresentato sulla scatola non corrisponde alle decal a corredo | ||||||||||
●●● | Francamente mi aspettavo qualcosa di meglio da un marchio di prestigio come Hasegawa, forse è una scatola di vecchia generazione, o forse il mio esemplare apparteneva ad un lotto di fine produzione, non voglio pensare che si tratti di un prodotto contraffatto! |
LA REALIZZAZIONE (2) | ||
Vidi per la prima volta una piccolissima foto dell’Intruder sul Corriere dei Piccoli, nel 1965 circa, cioè mentre entrava in servizio; aveva un che di misterioso, come un uccello un po’ gonfio nel torace e tutto sommato sottile in coda. Da allora mi ha sempre incuriosito e attesi per anni di poterlo comprare. Lo trovai nel 1980 a Napoli, in un negozio che oggi non esiste più. Al di là di tutte le belle foto che ho visto in seguito, sono ancora una volta rimasto colpito dalle sue dimensioni generali e dall’altezza dei carrelli. | ||
◍ | C’è un gran bel lavoro di dettaglio, nell’abitacolo, nell’ala, nei carrelli, nell’armamento; devo dire, però, che ormai questi lavoretti mi costano molta fatica. | |
◍ | Ho fatto male le paretine di chiusura del vano gancio d’arresto ed il gancio non c’entrava più, ho dovuto rifarlo un po’ più piccolo. Le guide flap mi sono venute forse un po’ troppo evidenti, sono stato tratto in inganno dalle foto. | |
◍ | Le paretine laterali delle scalette avrebbero dovuto avere dei fori di alleggerimento, io non sono riuscito a farli ben allineati, alla fine ci ho rinunciato. Sulla carenatura alla sommità del timone di sono due piccoli bulbi, avrei dovuto eliminarli, mi è proprio sfuggito. | |
Che devo dire? Qualche difettuccio c’è, ma a me piace. | ✩✩✩✩✩ |
UN PO' DI STORIA
L’intruder fu il vincitore di un concorso che vide ben 11 progetti partecipanti. Il requisito, emesso nel 1956, parlava di un velivolo subsonico a lungo raggio, capace di volare sotto alla quota minima di avvistamento dei radar e capace di attacchi di precisione in ogni condizione meteorologica.
La Grumman propose questo bimotore con quasi 9 tonnellate di spinta e con quasi 7 tonnellate di carico bellico; in una fase iniziale il progetto prevedeva che gli ugelli dei motori ruotassero un po’ verso il basso per accorciare la corsa di decollo, ma poi questa caratteristica fu abbandonata.
I primi A-6A entrarono in servizio nel 1963 e già due anni dopo il velivolo operava abbastanza intensamente in Vietnam. Alla fine del 1970 ne erano stati prodotti circa 480. Di questi, una ventina furono convertiti nella versione B, che aveva la capacità di portare i missili AGM-78 ARM; una ulteriore dozzina furono convertiti in -C, che imbarcava un sensore ad infrarossi associato ad un sistema ottico ad alta sensibilità e che fu impiegata nella campagna contro il “sentiero di Ho-Ci-Minh”.
Una conversione importante fu quella delle aerocisterne KA-6D.
La seconda versione di produzione fu lo A-6E, che arrivò ai reparti a partire dal 1971; esso fu prodotto ex-novo in circa 200 esemplari, mentre altri 240 circa furono convertiti dalle versioni precedenti. L’ammodernamento consisteva nell’imbarcare avionica ed armamenti più moderni; gli aggiornamenti continuarono per tutta la vita operativa di questa versione che, negli anni, ebbe installato l’apparato TRAM della Hughes, dotato di laser, e la capacità di imbarcare i missili antinave Harpoon, i missili HARM e i Maverick. Nel 1987 partì l’introduzione dell’ala in composito per risolvere problemi di fatica che stavano insorgendo in quella metallica e in quella sede furono anche introdotte apparecchiature avioniche a tecnologia digitale; all’inizio degli anni ’90 tutti i circa 360 esemplari ancora in prima linea erano stati aggiornati.
L’acquisto e la gestione dei velivoli imbarcati diventavano sempre più costosi e dall’altro lato i finanziamenti governativi sempre più esigui; questo portò ad abortire sia la versione F che avrebbe dovuto avere quasi 10 tonnellate di spinta e due stazioni di caricamento aggiuntive per missili Sidewinder da autodifesa, che fu bloccata dopo due prototipi volanti, sia la versione G che tratteneva i motori originali ed imbarcava la nuova avionica dell’-F.
L’Intruder ha smesso di servire in prima linea nella seconda metà degli anni ’90 con la US Navy e qualche anno dopo con i Marines, oggi non ne volano proprio più.
Un interessante sviluppo fu la versione da guerra elettronica EA-6A, che divenne operativa nel 1964; essa rinunciava ad armamenti ed apparati elettronici per il loro controllo, ed imbarcava decine di apparati per l’analisi ed il disturbo di segnali radio; dopo i primi sette ottenuti per conversione, ne furono costruiti una ventina ex-novo, tutti adoperati dai Marines. Durarono in servizio sette/otto anni, in un mondo in cui l’elettronica faceva passi da gigante, e furono sostituiti dal ben più prestante EA-6B Prowler, ma questa è un’altra storia.
C'E' UN INTRUSO? E' UN BOMBARDIERE
L’A-6, come il North American A2J Savage e il Douglas A3D Skywarrior, era un bombardiere medio, come in fondo era in origine anche il N.A. A-5 Vigilante.
Subito dopo la II Guerra Mondiale, la categoria B era stata attribuita solo ai bombardieri strategici e quindi solo velivoli della neonata USAF potevano appartenerci, dopo la divisione dei compiti tra le varie aviazioni americane.
Tuttavia l’Intruder era palesemente un bombardiere, come lo erano stati il N.A. B-25 Mitchell ed il Martin B-26 Marauder. Era potentissimo, con quei due motoroni sotto la pancia, ma palesemente subsonico, come rivelato dalle sue linee curve, si vede che era tutto ottimizzato a portare le notevoli masse, costituite da carichi bellici ed avionica, piuttosto che dare velocità.
L’A-6 rimase alquanto nell’ombra per i primi anni, proprio perché costituiva una delle punte dei mezzi d’attacco americani; solo dagli anni ’80 in poi è stato possibile vederlo un po’ di più sulle pubblicazioni.
Gli equipaggi dovevano avere un bel fegato nelle loro missioni notturne a bassa quota magari anche col cattivo tempo; con un velivolo così pesante, anche rientrare su una portaerei non doveva essere un gioco da ragazzi. La presenza di tecnologie avanzate e la robustezza delle cellule sicuramente davano sicurezza, ma io credo che in quei ragazzi l’adrenalina scorresse a fiumi.
L’architettura rientrava chiaramente nella categoria “ala media”, ma io credo che la caratteristica principale di tale categoria fosse assente, infatti sembrerebbe che il cassone alare attraversasse la fusoliera, visto che poteva passare al di sopra dei motori; sarebbe stato auspicabile per un aereo piuttosto pesante capace anche di operare affondate. I veri “ala media” sono quegli aerei, tipo i Republic F-105 Thunderchief, che hanno due semiali separate che non possono congiungersi attraverso la fusoliera a causa della presenza del motore; per questi velivoli i giunti tra i longheroni alari e le ordinate di fusoliera sono ben sollecitati, e risultano ben pesanti se gli si richiede robustezza e durata.
Anche la pianta alare suggerisce delle riflessioni, essa è ancora a feccia, come eredità di criteri di progettazione di quegli anni, ma ha un angolo piuttosto ridotto, come se già ci si stesse rendendo conto di qualche limite in quella configurazione.
Dalle fotografie che circolano si direbbe che solo la versione -A sia stata impiegata ben carica di armamenti, tutte le altre versioni sono ritratte sempre con due serbatoi sotto l’ala. Io ho l’impressione che ciò dipenda dal fatto che la versione -A fosse già in prima linea anteriormente all’offensiva del Tet. Fino ad allora la Navy aveva basato molti reparti a terra, a ridosso del fronte, dove l’autonomia non era un problema. Dopo quella fase della Guerra del Vietnam, invece, mentre entravano in servizio le versioni successive, i velivoli più costosi furono tenuti al sicuro sulle portaerei, lontani dalla prima linea, e si dovette ricorrere ai serbatoi supplementari per dotare quelle macchine di maggiore autonomia.