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MV-22 vest - Mimmo: passione US Naval Aviation

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LE TABELLE SUL LAVORO
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Bell / Boeing MV-22B Osprey ¤
COSTRUTTORE / MANUFACTURER
Bell Helicopter Textron, Fort Worth, TX / Boeing Helicopters, Philadelphia, PA
ENTRATA IN SERVIZIO / SERVICE START
2007
UN PO' DI STORIA       
L’Osprey è un velivolo sicuramente molto complesso, perché da esso si è preteso veramente molto: decollo ed atterraggio verticali con diverse situazioni di effetto suolo, prestazioni elevate per la sua categoria, bassi pesi operativi ed elevate capacità di carico; il tutto condito da elevata affidabilità, facilità di conduzione da parte del pilota, specie nella transizione, e contenuti ingombri volumetrici. Tutto ciò è stato realizzato con configurazioni ardite, materiali spinti, equipaggiamenti meccanici ed elettronici avanzatissimi.
I tempi di sviluppo sono stati molto lunghi ed elevatissimi i costi. L’idea fu messa sul tavolo intorno al 1983 e l’entrata in servizio definitiva avvenne ben 21 anni dopo; tutto ciò a valle di decenni di studi e ricerche sui convertiplani con costruzione di prototipi fin dagli anni ’50.
Si partì da concetti che non prevedevano modifiche di configurazione dei velivoli in volo. Dapprima ci furono gli elicotteri composti, come il McDonnell XV-1 del 1955 che aveva una piccola ala, un’elica spingente e il rotore non mosso tramite torsione, ma grazie a piccoli getti posti all’estremità delle pale, in questo modo esso avrebbe potuto rinunciare all’elica compensatrice di coda, che si rivelò comunque necessaria per il controllo a basse velocità. La stessa idea portò al Fairey Rotodyne in Inghilterra, pochi anni dopo; esso ricavava la spinta da due turboeliche, ma nonostante i 6000 cavalli complessivi non dava  prestazioni soddisfacenti.
Sempre negli anni ’50, per i caccia si sviluppò il concetto dei “posacoda” (che atterravano e decollavano con la prua rivolta verso l’alto, poggiandosi sugli impennaggi) come il Convair XFY-1 Pogo o il Lockheed XFV-1 Salmon entrambi a turboelica, accompagnati dal Ryan X-13 Vertijet a reazione (tutti senza seguito).
Per i velivoli da trasporto si capì presto che bisognava trovare il modo di usare i rotori di portanza anche come eliche di trazione. Nel 1964 volò lo Hiller-Ryan-Vought XC-142A, piccolo trasporto da 22 tonnellate; esso aveva 4 turboeliche da 11400 cavalli complessivi installate sotto una piccola ala che poteva ruotare intorno ad un asse trasversale e mettere le eliche in direzione verticale per decollo ed atterraggio, e in posizione orizzontale per il volo traslato; lo si giudicò troppo complesso rispetto ai capacissimi elicotteri come i CH-46, CH-47 e CH-53 che stavano allora entrando in servizio.
Contemporaneamente il gruppo Curtiss-Wright aveva sviluppato due prototipi, l’ X-100 e l’X-19 che mettevano in rotazione solo piccole gondole che ospitavano i rotori, poste all’estremità di piccole ali, rispettivamente in numero di due e quattro. La Bell sviluppò prima l’XV-3, del 1955, che seguiva lo stesso concetto con due rotori, e poi l’X-22A che volò nel 1966; anch’esso adottava il concetto di rotori/eliche basculanti, tranne che al posto di quattro rotori c’erano altrettante eliche intubate ai cui anelli veniva affidata una parte della portanza nel volo traslato.
Si arrivò alla conclusione, infine, che era meno complicato far basculare gli interi motori invece che i soli apparati di trasmissione e, nel 1977, volò il Bell XV-15 che fu il progenitore del V-22, con due motori basculanti (assieme ai rotori, naturalmente) attorno ad assi trasversali, installati alle estremità di una piccola ala alta, quasi del tutto esposta al soffio dei rotori e capace quindi di fornire una buona portanza nel volo traslato. Gli elementi della trazione furono denominati roto-eliche in quanto avevano sia una funzione trattiva che una portante ed avevano quindi il passo ciclico per il controllo del volo verticale.
Proprio dall’XV-15 fu sviluppato l’Osprey dopo che Bell e Boeing Helicopters si erano consociati per lo sviluppo, sia per condividerne gli elevati costi che per mettere insieme le loro conoscenze a tecnologie. Il progetto congiunto del V-22 partì nel lontano 1983, cinque anni dopo ci fu il roll-out e l’anno successivo il primo volo. Erano anni in cui il parlamento statunitense tendeva a limitare le spese militari e i ratei di lavoro venivano tenuti piuttosto bassi.
Dall’XV-15 derivò anche un altro prototipo che la Bell sviluppò in cooperazione con la Agusta; la casa italiana, che in seguito aveva inglobato la Westland britannica, nel 2011 acquisì la parte americana del progetto e ne continuò lo sviluppo come AW609, destinato al mercato civile o dell’ordine pubblico; macchina bellissima, direi, che dà lustro all’aeronautica italiana; ad oggi, nel 2023, la certificazione civile dovrebbe essere molto vicina.
Dal 1989 al 1997 continuarono le prove con i sei prototipi della prima serie; ben due di essi caddero e nel tempo si accumularono le modifiche di miglioria da apportare al progetto. La riprogettazione fu così estesa che i nuovi prototipi sostituirono competamente i precedenti nelle prove di volo. Altri due esemplari precipitarono nel 2000 con ben 23 vittime; il velivolo fu messo a terra e furono richieste ulteriori indagini con conseguenti riprogettazioni che diedero luogo alla versione B; quest’ultima terminò il ciclo di prove operative nel 2005 e l’anno seguente entrò in servizio attivo con la USAF nella versione CV-22B specializzata per il trasporto tattico. Per l’operatività dai ponti delle navi si dovettero effettuare altre prove e solo nel 2007 gli MV-22B divennero pienamente operativi con i Marines. Nel 2008 furono impiegati in Iraq e nel 2009 ebbero il loro battesimo del fuoco in Afghanistan.
LO CHIAMANO TRANSFORMER        
Gli equipaggi lo chiamano Transformer per il modo di ripiegarsi su sé stesso, tutto automatico.
Le considerazioni da fare davanti ad un velivolo così ”strano” sono molteplici.
Configurazione dell’ala.
Piccola, tutto sommato, sia in pianta che in corda; con circa 28 m2 di superficie netta e circa lo stesso numero di tonnellate di peso massimo, dobbiamo considerare un carico alare di ben 1000 Kg/m2, niente male, direi; solo un forte effetto di soffiaggio da parte delle roto-eliche permette di realizzare quel numero, mi vengono i brividi.
L’ala ha un forte angolo diedro, potrebbe essere per motivi di stabilità, ma forse c’entra anche la necessità di avere carrelli corti. Essa ha anche una notevole freccia inversa, sarà per allineare la spinte verso l’alto con la posizione del baricentro? Potrebbe anche essere stato necessario per compensare fenomeni aeroelastici dovuti al soffiaggio delle rotoeliche, non dev’essere uno scherzo il campo aerodinamico a valle di ognuna di quelle tre pale! Oltre alle paretine antiscorrimento d’estremità, numerosissimi sono i generatori di vortici lungo tutta l’apertura; essi nascono sempre a progetto praticamente congelato e sono frutto di sperimentazioni in galleria del vento, sono sempre soluzioni di ripiego che vengono adottate a fronte di situazioni complicate, indubbiamente il flusso d’aria attorno a quest’ala dev’essere tutt’altro che semplice da modellare.
La fusoliera.
La presenza dei grossi sponson, che contengono carburante e sistemi, oltre ai carrelli, permette di avere un vano di carico “pulito”; quello che rende conveniente l’Osprey rispetto al Greyhound come trasporto è, oltre alle capacità VTOL che lo rendono compatibile con quasi tutti i tipi di nave che abbiano un piccolo ponte di volo, la larghezza del vano carico che permette di trasportare dei motori aerei di ricambio già montati, cosa che non è possibile con il glorioso velivolo Grumman.
Anche sulla fusoliera ci sono due paia di alette aerodinamiche (non credo siano antenne), insomma il flusso aerodinamico attorno a questo velivolo dev’essere un bel po’ complesso!
Le derive.
Interessante che ne siano necessarie due, pur avendo un bel braccio rispetto al baricentro, evidentemente serviva una grossa superficie nelle condizioni di volo asimmetriche.
Il carrello principale.
La posizione arretrata rispetto al baricentro del velivolo rivela che non è necessaria la manovra di “rotazione” durante il decollo da parte del pilota, questo rivela senza dubbio che, per quanto riguarda decollo ed atterraggio, questo è senza dubbio un elicottero.
Insomma, questo Transformer è proprio strano, però fa cose eccezionali!
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